Fratture | Scafoide

Schermata 2020-03-19 alle 15.54.00

Lo scafoide è un piccolo osso molto importante situato all’interno del polso (carpo) ed è l’osso che più frequentemente subisce fratture. La frattura si verifica spesso in persone giovani ed attive, frequentemente nel corso dell’esercizio dell’attività sportiva. 

La frattura dello scafoide presenta diverse problematiche:

  • non è sempre facile da diagnosticare perché il dolore può essere modesto ed  è sempre possibile che una sottilissima linea di frattura all’interno dello scafoide non sia visibile alla prima radiografia; la frattura può pertanto passare misconosciuta.
  • la frattura può non guarire e andare incontro ad una pseudoartrosi (mancata consolidazione) che può creare problemi anche gravi alla funzionalità del polso e richiedere trattamenti chirurgici impegnativi. Ciò è legato principalmente alla caratteristica vascolarizzazione dell’osso per cui l’approvvigionamento di sangue ad un estremità dell’osso può essere bruscamente interrotto dalla frattura. 

Una frattura dello scafoide può essere trattata in due modi:

  1. trattamento in gesso: nelle fratture complete il gesso deve essere mantenuto per circa 3 mesi. Seppure condotto correttamente il trattamento in gesso ha una percentuale di fallimento per mancata consolidazione di circa il 20%.  Nelle fratture incomplete o della porzione più distale può essere sufficiente un gesso corto per 45 giorni
  2. trattamento chirurgico di osteosintesi con vite percutanea. Questa tecnica moderna e innovativa  ha il vantaggio della assoluta mini invasività. Attraverso una piccola incisione della cute di pochi millimetri si introduce una particolare vite che fissa e compatta la frattura. L’intervento è eseguito in anestesia loco regionale (si addormenta solo l’arto superiore interessato). Sotto il controllo di un apposito apparecchio radiologico un filo di acciaio viene infisso nello scafoide. La pelle viene incisa  intorno al filo, quanto basta per far avanzare e penetrare la vite cannulata nello scafoide. Attraverso un monitor radiologico, il chirurgo controlla il corretto posizionamento della vite e la stabilizzazione della frattura. Non avendo testa, la vite viene avvitata fino ad affondare completamente sotto la superficie della cartilagine e non deve essere successivamente rimossa. A questo punto cacciavite e filo guida vengono ritirati, mentre la vite può essere lasciata per sempre nella sua posizione definitiva;  solo un cerottino sulla pelle resta a testimoniare l’intervento. In questo caso si  evita l’immobilizzazione in gesso; occorre mantenere dopo l’intervento un tutore in genere per un periodo di circa 3 settimane. Questo trattamento consente pertanto  un ritorno molto  rapido alla piena attività ed è particolarmente indicato negli sportivi ma in genere in tutte le persone attive. La fissazione con vite dà inoltre una maggior certezza della guarigione dell’osso con percentuali di mancata consolidazione bassissime.

Nei casi in cui la frattura non guarisca (pseudoartrosi) occorre in genere apporre nella sede di frattura un innesto osseo, generalmente ma non necessariamente associato a fissazione con vite. Il piccolo innesto osseo può essere prelevato dall’avambraccio (radio vicino al polso, o dall’area del bacino (più precisamente dalla cresta iliaca). L’innesto osseo può essere anche preso da una sede vicina alla scafoide con un peduncolo vascolare che lo nutre (“innesto vascolarizzato”).

 Sfortunatamente comunque esiste un certo rischio di sviluppare artrosi secondaria in seguito a qualunque frattura di scafoide, in particolare quando vi siano state difficoltà nel portarla a guarigione. Se la frattura non guarisce nonostante tutti i tentativi possibili, l’artrosi secondaria è assolutamente inevitabile. Esistono diversi interventi in grado di alleviare i sintomi persistenti di questa condizione definita “SNAC wrist” anche se difficilmente sono in grado di garantire un recupero completo della funzionalità  del polso.