Fratture | Scafoide

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Lo scafoide è un piccolo osso molto importante situato all’interno del polso (carpo) ed è l’osso che più frequentemente subisce fratture. La frattura si verifica spesso in persone giovani ed attive, frequentemente nel corso dell’esercizio dell’attività sportiva. 

La frattura dello scafoide presenta diverse problematiche:

  • non è sempre facile da diagnosticare perché il dolore può essere modesto ed  è sempre possibile che una sottilissima linea di frattura all’interno dello scafoide non sia visibile alla prima radiografia; la frattura può pertanto passare misconosciuta.
  • la frattura può non guarire e andare incontro ad una pseudoartrosi (mancata consolidazione) che può creare problemi anche gravi alla funzionalità del polso e richiedere trattamenti chirurgici impegnativi. Ciò è legato principalmente alla caratteristica vascolarizzazione dell’osso per cui l’approvvigionamento di sangue ad un estremità dell’osso può essere bruscamente interrotto dalla frattura. 

Una frattura dello scafoide può essere trattata in due modi:

  1. trattamento in gesso: nelle fratture complete il gesso deve essere mantenuto per circa 3 mesi. Seppure condotto correttamente il trattamento in gesso ha una percentuale di fallimento per mancata consolidazione di circa il 20%.  Nelle fratture incomplete o della porzione più distale può essere sufficiente un gesso corto per 45 giorni
  2. trattamento chirurgico di osteosintesi con vite percutanea. Questa tecnica moderna e innovativa  ha il vantaggio della assoluta mini invasività. Attraverso una piccola incisione della cute di pochi millimetri si introduce una particolare vite che fissa e compatta la frattura. L’intervento è eseguito in anestesia loco regionale (si addormenta solo l’arto superiore interessato). Sotto il controllo di un apposito apparecchio radiologico un filo di acciaio viene infisso nello scafoide. La pelle viene incisa  intorno al filo, quanto basta per far avanzare e penetrare la vite cannulata nello scafoide. Attraverso un monitor radiologico, il chirurgo controlla il corretto posizionamento della vite e la stabilizzazione della frattura. Non avendo testa, la vite viene avvitata fino ad affondare completamente sotto la superficie della cartilagine e non deve essere successivamente rimossa. A questo punto cacciavite e filo guida vengono ritirati, mentre la vite può essere lasciata per sempre nella sua posizione definitiva;  solo un cerottino sulla pelle resta a testimoniare l’intervento. In questo caso si  evita l’immobilizzazione in gesso; occorre mantenere dopo l’intervento un tutore in genere per un periodo di circa 3 settimane. Questo trattamento consente pertanto  un ritorno molto  rapido alla piena attività ed è particolarmente indicato negli sportivi ma in genere in tutte le persone attive. La fissazione con vite dà inoltre una maggior certezza della guarigione dell’osso con percentuali di mancata consolidazione bassissime.

Nei casi in cui la frattura non guarisca (pseudoartrosi) occorre in genere apporre nella sede di frattura un innesto osseo, generalmente ma non necessariamente associato a fissazione con vite. Il piccolo innesto osseo può essere prelevato dall’avambraccio (radio vicino al polso, o dall’area del bacino (più precisamente dalla cresta iliaca). L’innesto osseo può essere anche preso da una sede vicina alla scafoide con un peduncolo vascolare che lo nutre (“innesto vascolarizzato”).

 Sfortunatamente comunque esiste un certo rischio di sviluppare artrosi secondaria in seguito a qualunque frattura di scafoide, in particolare quando vi siano state difficoltà nel portarla a guarigione. Se la frattura non guarisce nonostante tutti i tentativi possibili, l’artrosi secondaria è assolutamente inevitabile. Esistono diversi interventi in grado di alleviare i sintomi persistenti di questa condizione definita “SNAC wrist” anche se difficilmente sono in grado di garantire un recupero completo della funzionalità  del polso.

Patologie | Morbo di De Quervain

De_Quervain-400x356 è una tendinite localizzata a livello del polso, alla base del pollice. Sono interessati i tendini abduttore lungo del pollice (che “divarica” il pollice dal palmo) ed il tendine estensore breve del pollice (che stende la prima parte del pollice). 

Può essere causata da sforzi inusuali, ma si può presentare anche senza una causa apparente. Il sintomo principale è il dolore presente spontaneamente o nei movimenti del pollice, soprattutto nell’atto di prendere, afferrare o stringere, sollevare pesi. Il dolore è localizzato al polso e può estendersi lungo l’avambraccio e lungo il pollice.

La tendinite di De Quervain è causata dall’infiammazione e quindi dall’ingrossamento dei tendini suddetti. A livello del polso essi scorrono in un canale fibroso piuttosto “aderente” che li tiene ancorati all’osso. Nel caso di infiammazione lo spazio a loro disposizione non è più sufficiente; lo sfregamento dei tendini provoca ulteriore trauma e dolore nei movimenti.

La cura consiste nel mettere al riposo il polso ed il pollice con un tutore apposito, evitare sforzi, assumere antinfiammatori per via generale o per infiltrazione locale ed eventualmente sottoporsi a fisiochinesiterapia, secondo le prescrizioni del medico.

Se il dolore persiste o aumenta è indicato sottoporsi ad intervento chirurgico.
L’intervento è praticato in anestesia locale e consiste nella sezione del canale fibroso (1° compartimento del polso) al fine di dare più spazio allo scorrimento dei tendini.

Dopo l’intervento è consigliato muovere da subito il pollice pur evitando sforzi per alcune settimane. Rischi legati all’intervento sono dovuti principalmente alla vicinanza di alcuni rami nervosi (rami sensitivi del nervo radiale) che in alcuni casi vengono disturbati dalla formazione della cicatrice cutanea dando luogo ad una zona di intorpidimento e/o di parestesie della cute.

Fratture | Frattura del polso

La frattura del polso è una delle fratture più frequenti in assoluto. La frattura è causata, in  genere, da una caduta durante la quale ci si protegge con la mano dall’impatto con il terreno. L’intero peso del corpo viene così a gravare sul polso determinandone la lesione ossea.

Gli anziani sono più soggetti a questo tipo di lesione a causa della fragilità ossea legata all’osteoporosi. Nei giovani invece la frattura del polso è spesso causata da incidenti stradali o da traumi subiti durante attività sportive come il motociclismo, l’equitazione, lo sci, il rugby, ecc.

Il polso è un’articolazione complessa che mette in comunicazione l’avambraccio con la mano. E’ formato dalla porzione terminale delle ossa dell’avambraccio, il radio e l’ulna, e da una doppia fila di piccole ossa chiamate ossa carpali che si articolano insieme per stabilizzare l’articolazione e consentire un’ampia gamma di movimenti.

Nel verificarsi della frattura si ha in genere la scomposizione dei frammenti ossei che determina un’alterazione dei rapporti fra le ossa dell’articolazione. Qualora non si interviene correttamente e la frattura guarisce in scomposizione (mal consolidazione) si possono avere difetti della funzione, dolore, precoce insorgenza di artrosi, alterazione del profilo del polso con evidente inestetismo.

E’ pertanto importante che la frattura sia trattata precocemente e che si ripristini il più possibile la normale anatomia del polso. Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi nella cura di queste lesioni tanto che il trattamento ha subito una vera e propria rivoluzione. Difatti si ricorre sempre meno al trattamento in gesso, limitandolo alle fratture più semplici, per ricorrere ad interventi di osteosintesi in cui l’osso viene ricomposto e fissato con diversi mezzi di sintesi.

Le tecniche chirurgiche possono variare in relazione al tipo di frattura, alle necessità del paziente e all’esperienza del chirurgo. Attualmente vi è la tendenza ad un uso sempre maggiore di mezzi di sintesi interna (placche e viti) che, attraverso delle incisioni chirurgiche limitate e poco invasive, consentono di stabilizzare in maniera ottimale la frattura e permettono di muovere rapidamente il polso senza dover ricorrere all’immobilizzazione in gesso.  Le placche sono costituite in titanio e sono di diversa misura e forma in relazione al tipo di frattura e all’anatomia del polso che viene trattato.                                                 

Patologie | Cisti del polso

cisti-polso1-724x321Le cisti, dette anche gangli, sono formazioni rotondeggianti o plurilobulate di consistenza duro-elastica che compaiono spontaneamente al polso e alle dita.
La loro dimensione può variare da pochi millimetri a 3-4-centimetri di diametro, possono aumentare o, più raramente, diminuire di grandezza e provocare dolore; hanno una consistenza duro-elastica e non sono mai aderenti alla cute sovrastante.

Al polso sono dovute dalla “fuoriuscita” del liquido presente normalmente nell’articolazione (liquido sinoviale)da una estroflessione della capsula dell’articolazione, soprattutto quando la quantità di tale liquido aumenta in caso di infiammazione, traumi o artrosi.

Il loro aumento di volume è determinato da un meccanismo a valvola che s’instaura tra l’articolazione e la cisti. A livello delle dita più spesso sono dovute alla fuoriuscita dello stesso liquido sinoviale, che si trova intorno ai tendini (cisti tendinee) oppure essere originate dalle articolazioni delle dita.

Anche i tendini a livello del polso possono sviluppare cisti tendinee. Può essere utile eseguire una radiografia per escludere altre patologie a carico dell’osso ed una ecografia per accertarsi del tipo di contenuto della cisti (liquido o solido).

Queste cisti, a contenuto liquido, non destano preoccupazione anche se raramente regrediscono spontaneamente. Vengono rimosse chirurgicamente per eliminare il dolore presente o l’inestetismo nel caso aumentino molto di volume.

L’intervento può essere delicato nei casi in cui le cisti si formino vicino a strutture delicate quali arterie, nervi, tendini; una volta rimosse chirurgicamente, seppur raramente, possono recidivare.

L’intervento viene eseguito in anestesia loco-regionale (addormentando il braccio) o locale (addormentando solo la porzione adiacente la cisti) in regime di day-hospital.
Nel caso l’ecografia rivelasse un contenuto solido della “cisti” se ne deve approfondire lo studio per formulare una diagnosi.

In presenza di una tumefazione che cresce rapidamente, è bene consultare il medico con una certa rapidità.

Lavori scientifici | Complicazioni nella sintesi con placche nelle fratture di polso

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